
La percezione del tempo in pandemia
cosa cambia se la nostra vita è in stand-by
La pausa, nella scrittura come nella vita, pur avendo una durata, è avvertita come momento atemporale. Un esperimento con un tool di rilevazione grafometrica ci aiuta a considerare la sospensione come pausa preparatoria alla ripresa di un nuovo, ma pur sempre nostro, ritmo di vita
Cosa accade quando improvvisamente lo scorrere del tempo sembra arrestarsi?
Le restrizioni e l’immobilismo imposto dalla gestione della pandemia da Covid-19 hanno profondamente trasformato la percezione di tempo e spazio.
Il tempo, infatti, è entità tangibile nel momento in cui possiamo avere l’idea di un inizio, un durante, ed una fine.
Non c’è tempo senza la percezione di un punto dal quale partire e al quale tendere, mentre, tra inizio e fine, fenomeni e accadimenti volontari, involontari, occasionali, convenzionali, ne scandiscono il percorso nel suo divenire.
La drastica e involontaria sospensione di ritmi frenetici ha coartato il ritorno alla “lentezza”, esperienza persa dall’intera umanità e incompatibile, anche secondo il pensiero di M. Kundera, con il concetto di velocità che la rivoluzione tecnologica ha apportato.
Sembra essersi creato in questo periodo un forte dualismo, quasi una contraddizione: l’efficace velocità della tecnologia come privilegiata alleata del vivere in uno spazio ristretto, separato e distante dagli ambienti che ospitano la nostra quotidianità, che si svolge(va) sempre più con meno confini, nel cosiddetto “villaggio globale”, che la rapidità degli spostamenti, rendeva concreto e non solo virtuale.
Interruzione e sospensione del ritmo naturale di scrittura e di vita
Secondo Henri Bergson[1] esiste un tempo convenzionalmente riconosciuto, “oggettivo” misurabile e un tempo interno, “soggettivo” non misurabile che permette di svincolarsi dalle abitudini della vita sociale, coincidendo con il principio di libertà.
Il tempo meccanico si può scomporre e calcolare, mentre la durata del tempo soggettivo, che ognuno vive nella propria coscienza, è un fluire non scomponibile in cui gli stati interiori si susseguono in continuità.
Alcune teorie, sia occidentali che orientali qualificano comunque come vitale l’immobilità, in quanto presieduta da ritmo e molte performance artistiche di avanguardia si basano su tale concetto.
Ispirandoci al filosofo Henri Bergson e alle sue teorie sulla sostanziale differenza tra tempo quantificato e misurato in modo meccanico rispetto alla “durata”, intesa come esperienza interna e soggettiva, ci chiediamo se e come cambia la percezione del tempo quando la nostra vita viene messa in modalità “standby” ricorrendo all’osservazione del gesto grafico come metafora della nostra vita in movimento, fatta di partenze, rincorse, soste, pause.
Cosa accade se all’improvviso si interrompe il naturale processo di firma per poi riprenderlo dallo stesso punto di interruzione, dopo una pausa più o meno lunga?
Di qui l’idea di osservare, con l’utilizzo di un tool di rilevazione grafometrica, la fenomenologia della scansione ritmica della scrittura, inserendo nel gesto naturale di firma una o più pause.
Il confronto tra una firma naturale e una firma che per alcuni secondi ha sospeso il movimento rende nell’immediato la reale sospensione temporale nella gestione dello spazio.