
Firma digitale, così la biometria smaschera i falsi
La grafometria supera le apparenti barriere ideografiche del linguaggio scritto. Consentendo il riconoscimento dell’identità anche tra alfabeti diversi. Il valore aggiunto del digitale all’indagine grafica. Ecco come funziona
La grafologia giudiziaria si rinnova grazie alla tecnologia sulla base di solidi principi e leggi grafiche. Facendo accelerare l’evoluzione dei documenti digitali. Strumenti rivoluzionari in questo senso possono essere la grafometria e lo studio della scrittura, come aspetto della biometria comportamentale, attraverso i quali gli assunti sulla “universalità” della scrittura trovano nuova conferma. Tracciando il solco per l’applicazione e sperimentazione di nuove intuizioni.
L’indiscusso pregio riconosciuto al processo di digitalizzazione è il sincronico scambio di informazioni senza limiti e confini spazio-temporali. Ma la globalizzazione digitale può dar vita ad un fenomeno di più incisiva portata, favorendo non solo la rapidità delle informazioni, ma soprattutto determinando la creazione di una nuova dimensione della comunicazione, fondata su un “linguaggio globale”: ci domandiamo se la tecnologia riesca a superare le differenze fonetiche ed ideografiche degli idiomi delle varie etnie.
Nell’ambito dello studio della scrittura sotto il profilo della verificazione giudiziaria, la riflessione su alcune implicazioni pratiche derivanti dalla contaminazione linguistica ha nutrito la curiosità di verificare, attraverso l’applicazione della grafometrica, quali e quanti elementi qualitativi individualizzanti, sotto il profilo grafico, possano rintracciarsi in firme di soggetti che si esprimono sia con l’idioma grafico tipico della propria etnia, che con i grafemi del mondo latino.
E’ nota agli addetti ai lavori, ma anche ai non esperti dello studio della scrittura, la difficoltà (se non impossibilità) di comparare una firma apposta con caratteri latini, con una scrittura in lingua cinese, indiana o araba, ad esempio.
L’ipotesi non è solo teorica: per effetto dell’integrazione culturale e linguistica, uno scritto potrebbe appartenere ad un soggetto di etnia diversa da quella apparente dal grafema di scrittura; per semplificare, uno scritto anonimo apparentemente riconducibile ad un soggetto di lingua anglosassone potrebbe, invece, appartenere al gesto grafico di un soggetto di etnia orientale o asiatica; oppure, basti pensare al caso di un soggetto di etnia araba il quale potrebbe apporre la propria firma in inglese, per poi essere agevolato nell’intento di non riconoscerne la paternità, sostenendo di firmare solo in stile arabo.
Nei casi appena ipotizzati, gli strumenti del sapere grafologico applicati per la verificazione su carta si rivelano inadeguati o, perlomeno, insufficienti da soli per un approdo alla verità. In siffatte circostanze un contributo prezioso alla scientificità dell’analisi può essere dato dall’applicazione della grafometria, attraverso la rilevazione e lo studio delle componenti della biometria comportamentale.
La scrittura è definita come “insieme finito di significanti visivi o grafemi convenzionalmente usati per rappresentare”.
Ferdinand de Saussure definiva due tipi di scrittura: la scrittura di tipo fonetico (comprendente scritture sillabiche e alfabetiche), quindi fatte di significanti linguistici e la scrittura ideografica (ad es. la scrittura cinese), associata a concetti extralinguistici.
Per Lev Vygotskij[1] il linguaggio è strumento per conoscere se stessi e la realtà. Nel tempo il linguaggio si fonde con il pensiero diventando una cosa sola, “un dialogo da contorni labili che organizza il comportamento della persona…diviene l’anello di congiunzione fra un sistema simbolico sociale di comunicazione e uno strumento pienamente interiorizzato[…] che ci accompagnerà tutta la vita”.
La scrittura, dunque, non è solo un insieme di segni e suoni convenzionali quale strumento di comunicazione, ragion per cui le differenze tra le scritture delle varie etnie nascono dallo stretto e connaturale legame sussistente tra scrittura e psicologia di un popolo.
Tali premesse, che rilevano la matrice “genetica” e culturale” delle differenze tra i vari idiomi e tipologie di scrittura, sembrano contrastare con un principio cardine delle leggi che governano la scrittura: “le regole che governano la scrittura prescindono dall’alfabeto e quindi dalla nazionalità dello scrivente; se dipendessero da essi non sarebbero assunti universali. La costante è sempre la motricità personale che è guidata dalle leggi dell’espressività del gesto grafico”[2] .
La grafometria convalida la valenza universale di tale principio, superando l’incomunicabilità tra i diversi idiomi e tipologie di scrittura, attraverso la decodificazione del “linguaggio invisibile” della dinamica personale.
Documenti digitali, gli elementi “invisibili” dei segni
La caratteristica maggiormente significativa e distintiva della firma grafometrica si sostanzia nella trasformazione del tracciato grafico in una sequenza di punti di campionamento con la rilevazione, per ciascun punto, di grandezze quantitative relative alla pressione di appoggio, alla durata totale di esecuzione (tempo), alla variazione di velocità (accelerazione) e alla modalità della progressione (in orizzontale e verticale).
La peculiarità funzionale e strutturale della firma grafometrica, dunque, supera le apparenti differenze ideografiche del linguaggio scritto, traducendo la scrittura sia fonetica che ideografica in una sequenza di dati numerici, con valori, assoluti e relativi, privi di “forma”, disancorati da qualsivoglia alfabeto.
Se tale è la premessa sistematica, è interessante interrogarsi sulla possibilità di rintracciare elementi di analogia nelle caratteristiche dinamiche (e quindi numeriche) in firme vergate da un medesimo soggetto utilizzando due diversi idiomi.
Apparentemente con profili ideografici lontani ed incompatibili si presentano la firma di una donna indiana in lingua hindy e quella con nome e cognome tradotti in inglese.